Siamo tornati nella più grande casa di reclusione italiana per partecipare, come sempre con grande piacere, al laboratorio di Nessuno Tocchi Caino, condotto da Elisabetta Zamparutti e Sergio D’Elia.
Un incontro corale pieno zeppo di testimonianze e condivisioni, di quei ponti tra il fuori e il dentro, riferiti alle mura del carcere così come alle coscienze dei singoli, che tanto ci piacciono.
Eccone alcune, affinchè escano da quello spazio limitato per arrivare anche a chi ci segue.
Sabrina Renna, attivista di NTC, e Roberto Cannavò, ex ergastolano impegnato in attività nelle scuole ed altri contesti, hanno raccontato il proprio “incontro” attraverso il libro scritto a quattro mani “Frammenti di memoria sparsi sui marciapiedi“.
Proprio come in “Caro amico ti scrivo” non ci sono ruoli, non c’è ombra da una parte e luce dall’altra: è nello scavo personale condiviso e nel mettersi a nudo che si diventa fonte di ispirazione e consapevolezza l’uno per l’altro. Un insegnamento appreso dai tanti volontari che portano avanti questo progetto, aprendosi al superamento del pregiudizio e allo scambio alla pari.
E di scrittura si è parlato molto a Opera, quella utile, che condivide ed eleva. Renzo Magosso, storico corrispondente del Corriere e ideatore di Redattori diversamente liberi, invita i partecipanti al laboratorio a non soffermarsi tanto sulle proprie storie personali, sulle cause che li hanno portati a delinquere, quanto su ciò che può essere utile agli altri. Suggerimento già messo in pratica da molti, come Massimo, che dichiara di non voler essere “figlio”, chiedendo, ma “padre”, facendo ciò che è giusto fare, portando il proprio contributo, alla pari. O come Giuseppe, che sente forte l’impegno alla restituzione. Raffaele domani sosterrà l’esame a un Master di specializzazione con Nando Dalla Chiesa, chi l’avrebbe mai detto, si domanda….
Vite piene di sofferenza, provocata e subita, che hanno trasformato quella sofferenza in determinazione, le fragilità compattate in una maschera, come dice Roberto, in consapevolezza e forza necessaria per un cambiamento profondo, radicale, irreversibile.
Il cammino è stato arduo. Qualcuno traduce in numeri uno dei tanti aspetti, la condanna all’isolamento che si ripercuote anche sulle famiglie: sommando gli scarsi diritti, una persona reclusa per 30 anni ha potuto passare complessivamente 2 mesi con i propri cari, quando va bene, e li ha potuti sentire al telefono per 5 soli giorni. In 30 anni.
Non sono certo queste privazioni che rendono l’uomo migliore, anzi… quindi proseguiamo a diffondere una visione di giustizia consapevole attraverso progetti come Liberi Dentro, la sensibilizzazione in tutti i contesti possibili e sinergie di cuore e spirito come quella con gli amici di Nessuno Tocchi Caino!