Un nuovo racconto di Roberto Pagani dall’esperienza diretta di Liberi Dentro:
“Sesta settimana in carcere.
Il progetto Liberi Dentro è ormai a due terzi, e ai posti di controllo i volti della polizia penitenziaria si aprono in sorrisi, ormai ci riconoscono. L’unico un po’ sotto stress è l’operatore dei cancelli intermedi, che deve fare uscire un’auto dallo sbarramento e quindi è impegnato a manovrare una pulsantiera che sembra complicata quanto la cabina di pilotaggio di un aereo. Osservo con curiosità mentre opera telecamere, porte e cancelli dalla sua postazione.
Oggi si aggiungono al gruppo due nuovi partecipanti, che smuovono un po’ le acque del gruppo che si era consolidato. Forse perché si sentono un po’ “indietro” rispetto agli altri partecipanti, che ormai hanno acquisito una certa dimestichezza con le tematiche, fanno molte domande e molti interventi.
Ad un certo punto un ragazzo fa a Manuela una domanda a bruciapelo: “Ma se qualcuno uccidesse tuo figlio, tu lo perdoneresti?”
Manuela cerca di rispondere, innanzitutto dicendo che non ha un figlio e quindi non riesce a calarsi in quella prospettiva dal punto di vista esperienziale, ma il ragazzo incalza. È chiaro che vuole solamente aver ragione, e si anima per trascinare gli altri partecipanti in argomentazioni sempre più cariche di codici di onore, conducendoli infine ad affermare che no, certe cose non si possono perdonare, anzi la vendetta “occhio per occhio” appare la strada più giusta.
Fatichiamo non poco a placare le emozioni e riportare silenzio in stanza, e Manuela chiede al ragazzo “Ma se tu reagisci con violenza, questo riporterebbe in vita tuo figlio?”
La pausa di silenzio prima che il ragazzo riesca a rispondere è sufficiente per cambiare la prospettiva da cui guardare la situazione. Certo, una situazione così estrema è difficile da esaminare, e soprattutto perdonare non significa condonare od accettare. Significa però elaborare quella rabbia, frustrazione e rancore interiore, che solamente crea ulteriore sofferenza. Cerchiamo di portare la discussione su temi meno estremi, su situazioni più vicine alla realtà di tutti i giorni. I partecipanti ci parlano delle sfide che si creano “dentro”, dei giochi di potere tra compagni di detenzione, di quanta “cattiveria” sembra esistere in loro.
Eppure io guardo i loro occhi, e non vedo alcuna cattiveria.
Sì, vedo ferite, vedo credenze limitanti, vedo schemi di pensiero che sembrano averli condizionati a credersi “cattivi”. Ma non vedo cattiveria nei loro occhi. Manuela cerca di spostarli dal ragionamento al sentire. Con una pratica li porta in contatto con il loro sentire nel corpo, e poi spiega il campo elettromagnetico del Cuore. Spiega l’intelligenza cardiaca e la possibilità di ridefinire la prospettiva sulle situazioni spostando l’attenzione dalla mente al cuore.
Non sono argomentazioni buoniste, ma pratiche ben supportate da evidenza scientifica. L’immagine del toroide del cuore, che riporto anche qui, sembra piantare un seme nei partecipanti, che diventano via via più recettivi. La percezione che ho è che i detenuti si sentano incastrati in un sistema, senza più possibilità di scelta. Si sentono figli di un passato che inchioda il loro futuro, e la condanna non è solamente per il periodo di reclusione, ma sembra essere una sottile condanna a vita, il più delle volte autoinflitta e alimentata dal senso di colpa.
La prospettiva che portiamo è quella di riaprire in sé quel campo di libera scelta, e di superare, perdonare gli sbagli commessi.
Pasquale (nome fittizio), che porta sempre la voce del saggio del gruppo, racconta ai suoi compagni di come lui stia facendo un percorso interiore di rafforzamento della sua scelta di non ricadere nella morsa della malavita, e di come stia usando anche i nostri incontri per consolidare con ulteriori pratiche e concetti il suo percorso. Detto da lui ha tutto un altro valore, e i suoi compagni lo guardano, con un misto di ammirazione e sconcerto. Per i nuovi partecipanti è stata una sessione intensa, sono stati catapultati in una discussione e in pratiche che i loro compagni stanno sperimentando da qualche settimana. Ma ci sorridono alla fine e ci danno appuntamento alla prossima settimana.
Quei sorrisi sono un dono impagabile.
Infinita gratitudine nel mio cuore per la possibilità di vivere questa esperienza.
Dentro.
La Libertà è uno stato di coscienza.”